Taxa e libertà

Orrori di ideologie alla rinfusa

Stavolta sarò breve, anche perché sono amareggiato. Ignoti hanno distrutto a Pavia il primo campo sperimentale di riso ottenuto con tecniche Tea, ovvero di evoluzione assistita (non Ogm). Scusate se vi posto il link del Fatto Quotidiano, ma lo faccio per scopo didattico: leggetevi i commenti dei lettori se volete veramente capire che non solo la mamma degli stolti è sempre incinta ma che usa anche intensamente uteri in affitto. Ma voi direte che è il Fatto, roba da Travaglio & similia. Lo so, lo so. Ma la gente quel giornale lo compra e lo legge. Oddio, la gente legge anche la Repubblica, ma questo non migliora certamente il mio sconforto, anzi. Ormai l’ignoranza, che è la madre di tutti i vizi sociali, è arrivata a livelli incredibili. Quindi oltre alle scie chimiche prese per buone e meritevoli di interrogazione parlamentare , oltre ai ratti Wistar da laboratorio liberati ogni tanto dai soliti ambientalisti d’assalto condannandoli ad una morte certa e abbastanza terribile, adesso bruciano anche i campi sperimentali. Sono magari le stesse persone che mangiano solo pasta fatta con grani “antichi” (ovvero coltivati dal 1906!) ottenuti attraverso geniali manipolazioni, ovvero incroci genetici, dal marchese Raffaele Cappelli insieme all’agronomo e genetista Nazareno Strampelli, con lo stesso scopo di quel campo di riso: aumentare la produzione, mantenere la qualità, aumentare la resistenza. Questi incendiari però non solo solo dei coglioni, ma sono dei criminali e quindi vanno neutralizzati, come è dovere di una civiltà democratica: il problema è che questi criminali sono sostenuti da molti utili idioti, non ultimi certi lettori travagliati, per cui è molto difficile estirparli. Ci vorrebbe la scuola, ma non è pervenuta. Da tempo. E poi c’è il nuovo corso che mette insieme paure e istanze millenaristiche con recriminazioni razziali, complottismo planetario e talora nichilismo filosofico, sostenuti da ideologi o ideologhe che sanno usare bene i mass media e che vanno a braccetto con politici che hanno esaurito da tempo le idee ma non la brama di potere. Cattivi maestri, grandi danni potenziali. I danni fatti da un ignorante bruciatore di campi o da un deficiente con un barattolo di vernice che si fa atterrare da Nardella potrebbero essere una cosa risibile. Perché c’è molto di peggio all’orizzonte.

Ma forse un barlume di speranza c’è. Piccolissimo, ma è sempre meglio di nulla.

È uscito da poco un articolo su una prestigiosa rivista sostenuta dall’Università di Oxford, dal titolo “Protecting stable biological nomenclatural systems enables universal communication: A collective international appeal”, ovvero “La protezione di sistemi nomenclaturali biologici stabili consente una comunicazione universale: un appello collettivo internazionale”,  firmato da 1563 studiosi di tutto il mondo, dove si mette in guardia la comunità internazionale dal seguire la richiesta di molti scienziati che, sull’onda woke, stanno reclamando a gran voce di cambiare i taxa, ovvero i nomi di ogni singola specie minerale o vivente perché frutto della cultura occidentale, nomi che spesso ricordano personaggi dalla vita non specchiata (secondo i loro tribunali del “popolo”) o perché non rispettosi delle culture di altri Paesi. Cosa significa tutto questo? Significa che secondo loro dovremmo ribattezzare tutto ciò che sta nel mondo naturale, seguendo la nuova ideologia della correttezza - quella che censura Harry Potter, tanto per dire. Immaginiamoci cosa potrebbe succedere a trecento anni di letteratura scientifica botanica, per esempio. Noi oggi sorridiamo del processo che ebbe a subire dall’Inqusizione protestante Carlo Linneo dopo la pubblicazione del suo celebre metodo tassonomico, nel 1753 perché accusato nientedimeno che di libertinismo visto che aveva detto che nelle piante c’erano erano maschi e femmine. Attenzione però: nei prossimi giorni potrebbero arrivare nuovi tribunali, e ho paura che nel confronto il Tribunale del Sant’Uffizio ai tempi di Torquemada o le persecuzioni protestanti potrebbero sembrare una normale Corte d’Assise.

 Lo so che 1563 scienziati non sono abbastanza. Lo so benissimo che tra quei firmatari la maggior parte sono dottorandi (in Italia i firmatari non sono molti, ma almeno c’è un prestigiosissimo professore dell’Alma Mater) e che le grosse università americane o inglesi, ormai in pieno delirio woke, mancano all’appello (solo Oxford è presente ma con un dottorando e un fellow, cioè nulla). Però è un segnale. Bisogna dare segnali, bisogna sottolineare, magari educatamente, gli errori e i potenziali danni, sul modello di quello che hanno scritto gli autori nelle loro conclusioni, ovvero:

Riconosciamo e concordiamo sul fatto che i problemi pervasivi derivanti da colonialismi, imperialismi, da regimi totalitari, razzisti, castaioli, sessisti e altri deplorevoli retaggi sono ancora presenti nella società e dovrebbero essere affrontati nella scienza. Dobbiamo lavorare insieme per evitare di perpetuarli e per riformare la società in prospettiva […].

Comprendiamo che un processo di revisione dei nomi esistenti possa essere preso in considerazione da alcuni in casi rari ed eccezionali, ad esempio come risarcimento per flagranti violazioni dirette dei diritti umani. Tuttavia, queste decisioni devono essere prese con molta attenzione e deliberatamente, in base alle disposizioni tecniche dei codici pertinenti e degli organi di governo corrispondenti, e in consultazione con le parti interessate, soppesando la potenziale confusione causata alla comunicazione rispetto a qualsiasi rafforzamento positivo di questi diritti umani, ma certamente non come un processo alla rinfusa.

Una revisione massiccia dei nomi scientifici potrebbe fin troppo agevolmente dirottare le scarse risorse umane ed economiche destinate alla tassonomia in un processo senza fine che si ritorcerà contro tutti noi scienziati e in particolare contro i tassonomisti. Ne risentirebbero soprattutto quelli del Sud globale, perché questa regione del pianeta ospita la diversità biologica più ricca e spesso soffre di una mancanza ancora maggiore di risorse economiche e umane preparate. Inoltre, la possibile destabilizzazione dei sistemi nomenclaturali biologici minaccerebbe le applicazioni delle scienze della vita e metterebbe a rischio la corretta comprensione non solo dei testi scientifici, ma anche delle relazioni tecniche e delle leggi. Per evitare conseguenze disastrose per il resto della società umana, la natura deve essere compresa e denominata in modo stabile, universale, operativamente neutrale e transculturale.

Che, in sostanza, è affermare cortesemente quanto fermamente che adesso, per dirla educatamente, è arrivata l’ora di finirla.

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