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"Sto leggendo un vecchio libro"
Piaceri bibliotecari

Chi ama la lettura, fin da ragazzo, non può non ricordare il fascino delle vecchie biblioteche pubbliche, con i loro scaffali pieni di libri da leggere e con i loro silenzi. Mi ricordo pomeriggi passati là a leggere un po’ di tutto, compreso le voci dell’Enciclopedia Italiana, insomma della Treccani, quali ad esempio “dodecafonia”, “nevrosi” o “Antonello Chiabrera”. Sì, d’accordo, non giocavo a pallone e, come dico per scherzo oggi, preferivo il fosforo al calcio: questo mi creava qualche problema relazionale con i miei coetanei, ma nonostante questo, avevo i miei amici. Anche qualcuno di loro frequentava la biblioteca. Diciamoci la verità: la biblioteca era silente perché non era molto frequentata, ma eravamo tra gli anni ’60 e ‘70 in una ridente cittadina di minatori con bisogni e problemi ben più urgenti che non promuovere la lettura. Qualche anno più tardi, nel mio periodo universitario, mi godevo l’aria secentesca delle Biblioteca Comunale di Siena, con le sue enormi librerie di legno e i suoi tomi rilegati in cuoio e pergamena con le coste scritte ad inchiostro e con i suoi addetti fortemente sindacalizzati per cui non ti portavano un libro fuori orario neanche se ti facevi venire le convulsioni e non salivano le scalette degli scaffali per cui se avevi bisogno di un libro al quarto piano dello scaffale di sinistra ti dicevano “è là” e facevano spallucce. Però per me restava un ambiente magico, fuori dal tempo. A Trieste le biblioteche erano più moderne, più efficienti e forse un pochino meno affascinanti, però in piazza Ortis potevi, tra una lettura e un’altra, farti un panin de cotto unendo il dilettevole al dilettevole seduto su una panchina a farti carezzare dal borino che sapeva di salmastro.
Adesso molte biblioteche, specie quelle di paese, sono diventati dei centri di aggregazione per ragazzi. Una cosa che, quando funziona, ha un valore notevole. In biblioteca si può andare a “giocare” e non necessariamente coi libri: giocare per imparare a divertirsi e magari per stare per un po’ di tempo lontani dallo schermetto del cellulare. D’altronde c’è sempre meno gente che legge libri. Diciamo che c’è sempre meno gente che legge e probabilmente sempre meno gente che sa leggere, per cui è giusto che le biblioteche si adeguino ai tempi.
Qualche tempo fa sono tornato nella biblioteca del mio paesello. Adesso ha cambiato sede ed è in un luogo magnifico, un ex convento duecentesco. Una biblioteca con un fondo storico di una certa importanza, bene organizzata e con il catalogo online. Avevo bisogno di un volume dal fondo di storia locale: le addette sono state gentilissime e nel giro di un quarto d’ora ero seduto davanti a un tavolino, leggendo un saggio del Volpe e prendendo appunti su un quadernetto. In biblioteca c’erano diversi bambini, più o meno tra i sette e i dieci anni, che giocavano educatamente a bassa voce, seguiti dalle due ragazze del bancone e vigilati da qualche mamma. Ad un certo punto un gruppetto di loro, dopo qualche esitazione, è venuto a vedere cosa facesse quel signore da solo seduto al tavolino. Uno dei ragazzini mi ha chiesto: “Cosa fai?”. Io ho sorriso e ho risposto “Sto leggendo questo vecchio libro”. Quello che ho letto subito dopo nelle espressioni dei loro volti era sicuramente sorpresa, non so precisamente per cosa, ma mi sono sentito come musealizzato, non so come spiegare. E forse è anche giusto così; spero soltanto che qualcuno di loro sia stato contagiato: non da me, ma da quella insana curiosità di leggere “un vecchio libro”. Perché senza quella voglia di formarsi un bacino personale di conoscenza e di idee, col cavolo che quei ragazzini, una volta diventati grandi, otterranno risposte utili da chatgpt o da quello che sarà il loro strumento di lavoro. Oppure che riusciranno a capire appieno i valori della libertà, della giustizia e soprattutto il saper discernere il grano dal loglio lavorando da buon contadino, com’è necessario, nel campicello fertile della propria vita.
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