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L'Intelligenza Artificiale e Duccio di Boninsegna

Prove tecniche per un futuro sbandierato

Non avete ancora provato a giocare con l’Intelligenza Artificiale generativa? E’ divertente. Molto divertente, a meno che voi non pensiate che sia la soluzione di tutti i mali o che sia il male di tutte le soluzioni.

Certo, mi interesso di AI, a vari livelli, però la “generativa” non mi ha mai interessato molto: io sono un diagnosta di lungo corso, per cui quello è il mio campo di indagine. Per ora non ho bisogno di supporti per scrivere mediocremente cose in genere mediocri: è sufficiente la mia mediocre capacità di produrre testi. E poi scrivo in italiano, lingua al momento abbastanza sciattata, specie da certi scrittori di professione come i giornalisti, ma non solo, e non credo proprio che un sistema “intelligente” basato su basi dati reperibili in rete possa scriver bene nella mia lingua: sono certo che il corpus digitale delle frasi con i congiuntivi sbagliati, pieni di virgole messe a caso e simile immondizia, superi ormai quantitativamente i testi editi riguardanti la letteratura italiana sin dalle sue origini. Per cui lascio botChat o chatBot o come diamine si faccia chiamare, a loro: ne avranno sicuramente un miglioramento con sollievo de’ loro venti lettori. Non me ne vogliano i giornalisti, ma quelli di loro che possiedono ancora una coscienza professionale non potranno che concordare con me.

Ho giocato invece con le immagini. Anche perché sono un po' maligno. Ho recentemente avuto una lunga discussione con una giovane frequentatrice di spazi digitali che sosteneva che l’AI rovinerebbe gli artisti digitali. Mah, può darsi. Anche i disegnatori di manga. Vabbè. Ad una ventisettenne, che probabilmente vive tranquilla nella sua bolla informativa non vai a spiegare cosa sono i dati CC o come molti non si peritino di leggere i contratti d’uso dei social: è più salutare annuire, tanto la sua bolla è più robusta della tua pelle.

Dicevo che sono malignotto, per cui non ho chiesto al sistema di crearmi una vignetta all’uso nipponico con una ragazzina con gli occhioni umidi e le gambe lunghe (che per i nipponici è una specie di invidia del pene) mentre gioca a squash in un finto campus americano. Troppo facile. Ho fatto invece qualche test rimandando a pittori storici per verificare la conoscenza della storia dell’arte da parte del sistema.

Primo test: un volto maschile intorno ai 35 anni, caucasico, con barba corta, che fuma una pipa Billiard. Sullo sfondo un quadro di Hieronimus Bosch con cornice dorata appeso ad una parete con tappezzeria rossa con motivi floreali barocchi.

Direi benino, anzi piuttosto bene, anche se la tappezzeria sembra un po’ tarda e il tizio ha la posa da Sherlock Holmes. Però dieci secondi per assemblare bene non sono molti, per cui andiamo avanti.

Secondo tentativo. Dipinto a olio sullo stile di Hieronimus Bosch rappresentante una giovane donna del popolo, vestita alla napoletana del secolo XVII con in mano una sfera lucida. Sullo sfondo un mercato olandese del periodo di Hieronimus Bosch.

Vi chiederete perché Bosch. Perché mi piace molto e poi è un pittore “difficile”. Il risultato:

Beh, carino. Specie la sfera. Sulla donna del popolo ci sarebbe da discutere, ma magari il traduttore è ancora così così.

Tentativo difficile: una pala d’altare. Bella simbologia cristiana, bella storia dell’arte italiana del medioevo. Amo Duccio e la sua scuola, per cui ho azzardato: “Pala d'altare della scuola di Duccio di Boninsegna con la Vergine con san Benedetto da Norcia e santo Antonio che porta un porcellino”.

Trenta secondi dopo…

Non voglio neanche parlare delle tre mani del santo in secondo piano a sinistra né che san Benedetto, vestito con abiti cistercensi, possegga due mani destre. O che il puttino secentesco a destra insista su una pezzo di lesena poggiato sul nulla. E’ il blasfemo porcellino che mi ha fatto ridere di una risata liberatoria. I manga saranno pure in pericolo. Ma i pittori veri no, grazie a Dio.

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