La cartapecora

Racconto breve

«Professore!!!»

Giovanni Pardelli, stimato medico legale, si fermò flettendo leggermente la schiena come se fosse stato colpito dalla lama di un pugnale. La vocina, decisamente stentorea, era indiscutibilmente femminile e, onestamente, per nulla gradevole.

«Professor Pardelli!» ripeté ostinata la vocina querula costringendo l’uomo a voltarsi verso la sua direzione.

Giovanni Pardelli stava, fino ad un attimo prima, facendo complicatissime considerazioni su cosa mangiare per colazione (brioche con la crema o col cioccolato? Magari addirittura un babà al rum che però di prima mattina non è propriamente salutare ma è il massimo della soddisfazione) mentre si stava dirigendo, a piedi, verso il Palazzo di Giustizia, dove doveva fare la solita fila alla cancelleria, le solite due chiacchiere coi segretari dei pubblici ministeri lungo i corridoi del primo piano e alla fine andarsi a prendere l’ennesimo incarico da consulente tecnico d’ufficio.

Giovanni si voltò e accennò a un sorriso un po’ tirato verso la vocina che peraltro, come lui aveva ben immaginato, corrispondeva ad una donna elegante in tailleur, molto snella (ma disperatamente piatta, come commentava ogni volta il professor Pardelli parlando di lei negli anni in cui ogni tanto si frequentavano per motivi di lavoro, ovvero trentacinque anni prima) con due occhiali da sole molto grandi e due labbroni rovinati dal chirurgo estetico. Quando si avvicinò Pardelli notò che era anche molto abbronzata, nonostante fosse l’inizio di maggio, e che era ancora più magra di quanto lui se la ricordasse. Carlotta Zupini, una laurea in biologia, un marito ricco, un unico neurone. Senz’altro una donna unica. Gli avventori del bar all’angolo di piazza Oberdan,  dapprima affaccendati a leggere le notizie locali dalle pagine interne de Il Piccolo o dal cellulare, si erano accomodati meglio sulla sedia per farsi i fatti loro, e per “loro” intendo i fatti del Pardelli e di Carlotta l’Anoressica.

«Carissimo Giovanni, come stai?» trillò la donna, avvicinandosi pericolosamente. Gli occhiali da sole, grandi e bianchi, dovevano servire a coprire, evidentemente, un qualche recente piccolo intervento estetico non ancora guarito. La mani magre e abbronzate erano  curatissime, con le unghie lunghe e perfettamente ricostruite e le dita decorate da un tripudio di anelli.

«Si sopravvive, ma non ci lamentiamo» rispose neutro Pardelli, che stava continuando a notare altri particolari della donna, come i capelli platinati che stavano chiaramente diventando un poco più radi. Si trovò in un istante a pregare ardentemente che un carro di fuoco guidato dal profeta Elia in persona scendesse al più presto dal cielo per portarsi via questa maledetta rompiscatole che gli impediva di fare colazione in silenzio e solitudine. Tra l’altro c’era un bel sole primaverile, la temperatura era mite e tirava un borino gentile che portava via l’odore dei gas di scarico delle auto ferme al semaforo. Clima perfetto per fare colazione e magari fumarsi mezzo sigaro. Macché.

«Sai, caro, ti ho pensato ultimamente» trillò ancora la donna «perché ero a Camaldoli a fare un corso»

«Mi hai pensato come frate camaldolese?» chiese Pardelli alzando un sopracciglio.

«Ma no! Ho fatto un corso sul restauro di libri antichi! E so quanto ti interessino i libri antichi!» gorgheggiò.

Giovanni Pardelli non aveva un buon carattere: non lo aveva mai avuto per tutti i sessantaquattro anni della sua vita. In particolare aveva una bassa tolleranza per le situazioni spiacevoli, per quelle poco chiare e a suo parere ingiuste. E poi per le rotture di scatole gratuite, come questa. Gli avventori del bar si stavano intanto godendo la scena mentre lui aveva una gran voglia di fare colazione. Da solo e comodamente seduto davanti ad uno di quei tavolini, ovviamente.

«Beh, dei libri antichi mi interessa il contenuto, non il contenente,» tentò di schermirsi Pardelli «ma dimmi invece di te, visto che è molto tempo che non ci vediamo. Sei già in pensione?»

La donna non aveva intenzione di mollare. Si avvicinò ancora un poco alla vittima fino a poggiare una mano sul suo avambraccio con un gesto piuttosto affettato e continuò: «Guarda, non avere più l’impegno quotidiano di un impiego è comunque un sollievo, ma però devi trovare qualcosa da fare per non annoiarti...»

«E quindi ti sei dedicata al restauro delle vecchie cartapecore»

«Oh, magari! Ho appena cominciato. Per vedere se mi piace, ovvio»

«Ovvio. Hai già fatto colazione? Ti posso offrire un caffè?» le chiese Pardelli con voce triste, immaginando il caffè rovinato, la colazione rovinata, la mattinata rovinata da quella vecchia stupida. Che poi aveva solo un anno più di lui ma si sa che i maschi si sentono giovani anche a novant’anni.

«Giovanni, mi meraviglio di te! Scommetto che adesso tu voglia andare a mangiare una di quelle brioches con la crema piene di grassi terribilmente nocivi e magari con il caffè...»

«Ah… non va bene?»

«Eh no, caro mio! Io ho un nuovo nutrizionista che ha studiato in Finlandia e che non mi permette, giustamente, questi vizi. Solo succhi vegetali bio spremuti a freddo e poche altre cose naturali: altro che grassi saturi e farine piene di glutine! E, francamente, mi sento meglio e, soprattutto, ho un aspetto migliore!»

Quando era troppo era troppo. Fosse stata più grassa Pardelli le avrebbe strappato il fegato con le sue stesse mani  per farne un paté. Poi, in un attimo, intravide la via della salvezza. La squadrò, aspettò che riprendesse fiato, e simulando l’espressione di chi improvvisamente ha avuto un’illuminazione, esclamò: «Ecco cosa puoi fare per migliorare ancora le tue condizioni fisiche!»

La donna lo guardò perplessa.

«Fai collaborare assieme i due guru, ovvero il nutrizionista finlandese e il frate camaldolese, quello delle cartapecore. Te, cara mia, sei ormai una vecchia rincartapecorita per cui chissà che mettere insieme i due esperti non ti faccia migliorare ulteriormente l’aspetto o perlomeno ti faccia risparmiare qualche iniezione di botulino, che poi sai benissimo quanto me quanto sia pericoloso in mani poco esperte...»

Carlotta era rimasta a bocca aperta e non sapeva cosa rispondere, anche se aveva intuito abbastanza chiaramente che il professore non le aveva fatto un complimento: se non altro perché le aveva dato della “vecchia rincartapecorita”. Tentò di dapprima di chiudere la bocca per poi di pensare a una risposta adeguata: ma serviva tempo. Troppo tardi: il medico legale, dopo un inchino piuttosto esagerato, s’era allontanato di gran passo lasciandola lì, nel mezzo del marciapiede.

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