L'Erodoto che guardava i maiali

Un saggio di Duccio Balestracci da leggere

Se un libretto di istruzioni – poniamo del Trecento, ma anche del Seicento – avesse voluto specificare come si scrive la Storia e chi è autorizzato a farlo, avrebbe indicato, in merito a questo punto, indubbiamente persone provenienti da un ceto, socialmente composito, ma sostanzialmente omogeneo dal punto di vista culturale, fatto di borghesi dotati di un dignitoso bagaglio di alfabetizzazione e di istruzione; di notai; di chi, nato in ambito di famiglie di mercanti, banchieri e grandi artigiani, si stava avviando – per ricchezza e prestigio acquisiti – a occupare i posti apicali della società cittadina; di ecclesiastici, di intellettuali coltissimi con confidenza di latino e greco, predestinati al famedio delle humanae litterae. 

Leggo sempre con piacere la prosa deliziosa di Duccio Balestracci, specialmente quando ci narra delle storie – apparentemente – un po’ di confine, quelle cioè appartenute a personaggi decisamente “minori” rispetto alla società del medioevo o della prima età moderna, ma che possiedono una alfabetizzazione modesta o addirittura minima che però non impedisce loro di scrivere di storia, magari con una scrittura ed una metodologia traballante e sghemba, ma certamente con la voglia – o addirittura la consapevolezza - che quel loro scritto non rimanga o non rimarrà confinato alle proprie pareti domestiche. Questi personaggi sono porcari oppure muratori, orfanelli avventurosi o preti di pochissimo latino ma comunque personaggi che ancora possono scrivere (ed essere in qualche modo letti), prima che il Bembo e i suoi seguaci sigillino l’italiano letterario condannando in non addetti ad una assoluta marginalità e, sostanzialmente, all’analfabetismo. Insomma, il libretto di istruzioni (il bugiardino, come lo chiama Balestracci) sarebbe stato, a ben guardare, poco preciso, anche se a suo modo avrebbe rispecchiato una situazione “ufficiale” dove lo scrittore di Storia, se non proprio era asservito al potere ed alla sua celebrazione e pubblicità, quantomeno stava attento di evitare di percorrere strade perigliose. Meno problemi avevano il porcaro Erodoto o lo speziale di Bagnone, Giovanni Antonio, che sembra uscito da un romanzo sul sogno americano: per loro il vivere letterariamente nell’ombra evitava di dover soppesare le parole, che d'altronde neanche abbondavano, nel loro bagaglio lessicale.  

Questi personaggi scrivono storie e addirittura Storia: la scrivono male, fanno confusione con le date e con i nomi, per poi ritornare nella landa più sicura delle microstorie locali, al racconto di eventi politici che si sono riverberati nella loro piccola o grande comunità e di cui fanno, a vario titolo ed in vario modo, parte: ed è proprio in questo sforzo diegetico, in questo volere a tutti i costi raccontare, che si meritano in qualche modo l’appellativo di storici e che altrettanto si meritano ancora oggi di essere letti e ricordati. 

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