L’anima e il volto

Noterelle di fisiognomica

La scorsa settimana abbiamo affermato che il volto rappresenta il nostro biglietto da visita, ovvero sia un veicolo pubblicitario su di noi e sul nostro ruolo sociale: il volto dichiara chi siamo e mostra la nostra identità contrapposta a quella degli altri. Tra l’altro siamo avidi consumatori di volti altrui attraverso la televisione, i giornali e i social media mentre i conduttori dei più famosi programmi televisivi modellano i loro volti (in modo a volte grottesco) per apparire giovani e belli e, in definitiva, più autorevoli. Il volto viene mostrato, in conclusione, come una maschera che copre il volto “vero” (ammesso che esista): come afferma Ernst Gombrich, ognuno di noi è intrappolato dalla propria maschera. Ed è dal volto che noi pretendiamo di conoscere l’altro attraverso l’applicazione - più o meno cosciente – di un sistema di segni che ci provengono da una lunghissima tradizione culturale: applichiamo cioè al volto dell’altro dei criteri di valutazione fisiognomica. La società attuale, pur non ammettendolo, è ancora legata alla tradizione fisiognomica del volto, considerato come “specchio dell’anima” e nonostante che la fisiognomica venga attualmente considerata una pseudo-scienza, il suo uso specialmente nel marketing o nella gestione del personale (sotto il nome più tranquillizzante di morfopsicologia), è ancora ben presente. Senza contare che piuttosto recentemente è scoppiata una polemica sulla liceità dell’uso di sistemi di intelligenza artificiale profonda che parrebbero essere in grado di individuare con un buon livello di affidabilità alcuni aspetti “sociali” attraverso l’analisi, di fatto squisitamente fisiognomica e deterministica, del volto, quali l’omosessualità, la tendenza criminale o l’orientamento ideologico. È singolare, tra l’altro, come il dibattito sociologico, specie a livello di alcuni  ambienti di pensiero, tenti di far considerare come pseudoscienza anche l’uso delle reti neurali profonde (CNN) fino ad ora considerate “imparziali” e assolutamente scientifiche: il che dimostra come ad un tempo si possano ottenere risultati scientificamente dubbi usando male i dati di addestramento della rete e come il confine tra scienza e pseudoscienza sia sottile e, nel dominio del probabilistico come quello dell’IA, dipenda dall’opinione del singolo, o del gruppo di scienziati. 

Ma torniamo alla fisiognomica che è, in sintesi, quella disciplina che cerca di dedurre dagli aspetti fisici e soprattutto dai tratti del volto il carattere psicologico e morale di un individuo. Considerata per lungo tempo una vera e propria scienza affiancata alla medicina, la fisiognomica riportò un grande successo nella Grecia classica, dove la sua origine fu attribuita a Pitagora o ad Ippocrate. Addirittura, un tizio di nome Zopiro, forse da identificare come un mago venuto dalla Siria ad Atene, applicò il metodo fisiognomico su Socrate, affermando che il filosofo, date alcune sue caratteristiche fisiche, era stupido e troppo sensibile al fascino femminile. Sembra che Alcibiade ridesse di ciò, ma Socrate difese questa diagnosi ammettendo ironicamente di essere pieno di vizi, ma di saperli comunque sconfiggere con la ragione.  

In verità la fisiognomica è molto più antica e probabilmente, con vari gradi di strutturazione, era già presente nelle società preistoriche o perlomeno protostoriche, visto che i primi indizi di questa disciplina, anche se usata principalmente a scopo divinatorio, si ritrovano nelle fonti cuneiformi. le prime tracce conosciute di fisiognomonia testuale sono infatti i presagi fisionomici contenuti in una serie di tavolette mesopotamiche risalenti alla prima metà del II millennio a.C che facevano parte di ciò che era noto ai Babilonesi e agli Assiri come Šumma alandimmû 

A prescindere da questi esempi e da altri che possono essere riscontrati successivamente nel mondo semitico o nelle culture orientali, il testo più influente per la cultura occidentale nasce nella cerchia aristotelica ed è intitolato “Phisognomonica”. La sua particolare influenza fu dovuta al fatto che per molto tempo si è pensato che questa opera fosse dello stesso Aristotele. Un altro trattato che ha influenzato l’Occidente fu redatto da un sofista di Smirne di nome Antonio Polemone (88-145 d.C.). Polemone era un ricco e potente retore politico dell’Impero Romano, ed ebbe abbastanza successo da essere onorato dall’imperatore Adriano (Hoffmann G., 1883).  Altri due trattati risalgono al IV secolo d.C.: uno di essi è un’epitome del trattato di Polemone di uno scrittore sconosciuto (ma forse ebreo) di nome Adamantius, mentre il quarto è una compilazione dei tre precedenti con un nuovo materiale aggiunto da un oscuro medico di nome Loxus. 

La tradizione comune di questi testi è da una parte l’analisi delle caratteristiche morfologiche del corpo e specialmente del volto per rapportarle al carattere, come ad esempio l’analisi delle varie forme che può assumere la fronte o il mento, oppure li significato di segni e imperfezioni presenti in queste aree, mentre dall’altra è la comparazione con l’aspetto fisico degli animali, cercando rassomiglianze di morfologia e di temperamento. Così il leone impersona perfettamente il maschio: bocca grande, muso squadrato, mascella superiore non sporgente ma bilanciata con quella inferiore, naso più grande, occhi scuri fossati, sopracciglia grandi, fronte squadrata e leggermente incavata, ciuffo sulla fronte piegato verso l’esterno, testa ben proporzionata collo lungo e proporzionato, spalle forti, petto vigoroso, dorso largo, torace robusto,  gambe forti e muscolose, andatura vigorosa ma ponderata, con un movimento equilibrato delle spalle. Quindi liberale e generoso di spirito, magnanimo e desideroso di vittoria, calmo e buono e incline all’affetto verso gli alleati.  

Il mondo medievale recepì questi trattati indirizzandoli, attraverso un lungo processo di normalizzazione delle fonti latine e arabe, verso una disciplina che da una parte entrerà a far parte della medicina, dall’altra sarà rivolta ad una visione totalizzante della Natura e quindi legata alla magia naturale, all’astrologia e alla tradizione ermetica.  

Ovviamente l’invenzione della stampa comportò la diffusione dei trattati di fisiognomica e delle sue illustrazioni, talora vere opere di sintesi e divulgazione, come nel caso del trattato di fisiognomica del filosofo, scienziato e drammaturgo napoletano Giovanni Battista Della Porta (1535-1625) , o del pittore e decoratore d’interni Charles LeBrun (1619-1690).  

Una fondamentale e nuova sistematizzazione della fisiognomica come “scienza del carattere” avvenne in epoca illuministica grazie all’opera del pastore protestante svizzero Johann Caspar Lavater, che cercò di offrire una cornice etnologica a questa disciplina cercando di mettere in risalto l’aspetto allo stesso tempo naturale e sociale dell’uomo. Attraverso i tratti fissati dei loro volti, Lavater sperava di poter individuare una corrispondenza, potremmo dire teologica ed etnologica, tra bellezza fisica ed estetica, forgiata sui principi del cristianesimo. I seguaci di Lavater aprirono la strada, nell’Ottocento positivista, all’antropologia criminale, perfezionata da Cesare Lombroso, dove in qualche modo c’è il tentativo di sistematizzare e dare basi scientifiche alla fisiognomica, soprattutto nella ricerca dei criminali e dei devianti. Più breve invece, per quanto caratterizzata da un grande quanto effimero successo popolare, fu l’esperienza di Franz Joseph Gall e della sua Frenologia, basata sull’individuazione delle caratteristiche psichiche dell’individuo dall’analisi di segni percepibili sulla superficie della volta cranica. Nonostante le polemiche che vedevano sia Gall che Lombroso accusati di sostenere un materialismo deterministico inaccettabile, le loro opere si diffusero rapidamente a livello popolare andandosi a sommare alla lunga tradizione fisiognomica medioevo-rinascimentale.

Che poi il ventesimo secolo abbia cercato in vario modo, e in gran parte a ragione, di confutare la fisiognomica, questa rimane ancora oggi un filtro, un paio di occhiali speciali con cui osservare non tanto il mondo in generale, quanto l’umanità che ci circonda.  Da millenni. Per cui sarà pure una pseudoscienza, ma ha ancora un potere su di noi, un potere che può falsare la nostra capacità di giudizio verso gli altri.  Pensiamoci. 

 

 

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