Il trillo del diavolo

Racconto minimo

Giovanni Speranti ricevette la stampa del concerto del Tartini la mattina presto, portata da un corriere. Ormai la storia del trillo del diavolo era diventato un argomento di cui si parlava un po’ tutti giorni, fra musici di corte.

Impaziente, Giovanni aprì la partitura sul leggio, accordò il violino e cominciò a studiarla. Bella musica, a suo modo geniale. Difficile però. Fece una pausa, tirò ancora due arcate, poi uscì per andare a provare la nuova cantata scritta per il piacere del Principe.

Tornò a notte ormai inoltrata, stanco. Si tolse la livrea da violinista principale, indossò la vestaglia da letto e si mise a dormire. Prima dell’alba fu svegliato di soprassalto perché qualcuno stava suonando nella sua stanza. Vide il profilo di un diavolo che stava suonando il suo violino davanti alla finestra illuminata dal chiarore della luna. Rimase di sasso, impaurito. Il diavolo stava suonando una semplice melodia, graziosa ed orecchiabile. Dopo il primo momento di stupore, Giovanni si rivolse al diavolo un po’ seccato.

“Ehi, ma questa è musica per una serata in osteria. A Tartini hai fatto sentire parecchio di meglio!” protestò.

Il diavolo fece un ghignetto, posò il violino e gli disse: “Tesoro, ma te sei un mediocre violinista!”

E scomparve in una nuvola di zolfo.  

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