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Hinton e la creatura
A Geoffrey Hinton il Nobel per la fisica 2024

L’Accademia reale svedese delle scienze ha deciso di assegnare il Premio Nobel 2024 per la Fisica John J. Hopfield, professore della Princeton University, e a Geoffrey E. Hinton, professore all’Università di Toronto, “per scoperte e invenzioni fondamentali che consentono l’apprendimento automatico attraverso l'uso delle reti neurali artificiali”. In particolare, Geoffrey Hinton ha inventato un metodo in grado di trovare autonomamente proprietà nei dati e quindi di eseguire attività come ad esempio l’identificazione di specifici elementi nelle immagini.
Nel maggio dello scorso anno Hinton aveva abbandonato Google, di cui era vicepresidente, per “poter parlare liberamente dei pericoli dell’intelligenza artificiale”. Ne avevamo già parlato qui tempo fa. Nel contempo aveva dichiarato al New York Times che è difficile capire come potremmo impedire ai malintenzionati di usarle l'AI per scopi negativi ed inoltre che non dovremmo applicare questa tecnologia su larga scala fino a quando non saremo capaci di tenerla sotto controllo. Concetto ribadito durante la cerimonia di consegna del premio: “Non possiamo escludere la possibilità che [l’intelligenza artificiale] sfugga al nostro controllo”.
Dalle dichiarazioni di Hinton degli ultimi anni è evidente che innanzitutto il nostro scienziato crede nella possibilità di poter creare una super-intelligenza artificiale. Tra l’altro è anche probabile che disponga di dati personali che avvallino in qualche modo questa sua convinzione. Un’altra possibilità, però, è quella che Hinton stia assistendo, suo malgrado, ad una fase difficilmente controllabile di commistione fra scienza, economia e pensiero magico insito nella attuale comunicazione capillare di linguaggio concettualmente povero, commistione che sta modificando sensibilmente (e in peggio) la “creatura” che ha contribuito a creare. Personalmente credo che questa seconda ipotesi sia la più probabile.
Parlando di creature, e pensando a quella letteraria più celebre, dobbiamo notare che la creatura di Frankenstein aveva un solo artefice, per cui quando gli chiese di sposarsi perché ne aveva diritto, il dottor Frankenstein capì rapidamente che era arrivato il momento di fare qualcosa per neutralizzare il “demone”che aveva creato. Ci rimise la vita, ma in qualche modo ci riuscì. Ma in questo caso non sarebbe proprio possibile, perché i creatori dei sistemi di intelligenza artificiale (ed anche gli stessi sistemi di intelligenza artificiale) sono molti e la creatura è di proprietà (o ostaggio) di altri, per cui noi umani possiamo solo aspettare e sperare. Oppure ragionarci sopra e ammettere che forse il discorso di Hinton è più precauzionale che reale.
Intanto qualcuno scrive quisquilie sulla “sesta epoca cognitiva” e sulle sue (supposte) meraviglie, mentre altri ipotizzano (seriamente) un mondo dei diritti dei robot, come in questo caso:
In un futuro lontano e in mancanza di regole specifiche che ne regolamentino la produzione, perfetti replicanti dotati di interfacce-volto umanoidi e mimetiche, indistinguibili da esseri umani “veri”, potrebbero infatti portarci ad un punto critico nei processi di interazione fra uomo e macchina sollevando importanti questioni etiche rispetto al diritto di riconoscere l’umanità degli altri esseri. (Mario Fois).
Spero che tutto questo sia solo rumore mediatico e non siano invece i primi segni dell’avvento di una nuova civiltà, sicuramente distopica, o di una guerra “intelligente” e quindi definitiva.
Nell’attesa e nel dubbio consoliamoci stappando una bottiglia di buon vino, affidandoci a Dioniso e alla sua ebbrezza. Sacra.
Prosit!
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