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Habemus Papam
Il Quattrodicesimo Leone

Lo Spirito soffia dove vuole. Un Conclave breve, la fumata bianca.
Quando il protodiacono, il cardinale Dominique Mamberti, dopo l'esultante «Annuntio vobis gaudium magnum», ha proclamato il nome del cardinale eletto — Dominum Robertum Franciscum cardinalem Prevost — pronunciandolo peraltro con un pesante accento francese, i clamori della piazza si sono smorzati.
"Non è italiano, accidenti!", avranno pensato in molti, compreso il sottoscritto. Io, ignorante come sono, ho immaginato un papa francese e, un attimo dopo, già mi disperavo ad Avignone. Qualcuno ha detto che era americano, e lo stupore è cresciuto. A quel punto, ci si aspettava un Johannes Paulus tertius, o magari un Franciscus secundus.
Personalmente, mi ero preparato al peggio — anche se la volontà divina è imperscrutabile, e nui chiniam la fronte al Massimo Fattor.
Però...
Però, quando il protodiacono ha proclamato Leo Decimusquartus, tutto è cambiato.
Eccolo, il nuovo Pontefice: mozzetta e rocchetto al posto giusto, il volto serio, emozionato ma sereno. Un discorso senza fronzoli, iniziato con quel «Pax vobiscum» che ha significati ben più profondi di quanto rimandi al "semplice" silenzio delle armi.
Una "pace disarmata e disarmante" calata nell’unità dei cristiani, letta in chiave cristica, è un proclama, diciamocelo, più dirompente di quello di qualunque pacifismo mondano.
Il Pontefice ha scelto il nome di Leone: subito i giornalisti hanno evocato Leone XIII e la Rerum Novarum — insomma, l’hanno buttata subito in politica, come avrebbe detto Don Camillo.
Io ho pensato invece a Leone I, che tutti ricordiamo come san Leone Magno, incoronato nel 440. Il papa del primato di Pietro, il papa che ha combattuto con tenacia le divergenze teologiche che, a quel tempo, inquinavano il messaggio cristiano: manichei, eutichiani, priscilliani, e tutte le altre interpretazioni deviate del senso e delle modalità della vita cristiana.
Poi la divisione delle Chiese: Alessandria, Costantinopoli, Roma, la Gallia.
Il tutto mentre l’Occidente — ovvero il mondo, così com’era stato sino ad allora — si sgretolava in un puzzle di regni romano-barbarici, mentre arrivavano nuovi e ben più temibili invasori: Genserico, Attila.
Un papa straordinario, straordinario combattente per il Vangelo e per la Chiesa.
Il nuovo Pontefice non è nato in Toscana alle soglie dell’Alto Medioevo, ma in Illinois; ha conosciuto le difficoltà dell’America Latina e le alchimie della Curia Pontificia.
Ha studiato Matematica, Teologia e Diritto canonico, ed è stato formato nel pensiero agostiniano sul primato dell’amore e della grazia, e sul valore della libertà.
Insomma, ha davvero le carte in regola per essere un buon Papa — a parte lo Spirito dalla sua, ovviamente.
E poi, questi tempi non saranno forse terribili come quelli di Leone Magno, ma le similitudini tra i due periodi non sono poi così difficili da cogliere, sia dal punto di vista politico, sia da quello più propriamente spirituale.
Leone XIV ha ringraziato papa Francesco, ma ha fatto chiaramente capire che non è il suo successore, bensì — come dev’essere — il successore di Pietro.
Un pensiero veramente molto leonino.
Videbimus, confidenter.
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