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Giù la mano!
Oppure due settimane a pane e acqua.

Ieri, giovedì 13 novembre, era la Giornata della Gentilezza. L’ho scoperto un po’ per caso e devo dire che non ho notato grandi differenze nel comportamento altrui.
Queste giornate mondiali “dedicate a” mi fanno sempre morire dal ridere: un tempo i giorni dell’anno si dedicavano alla commemorazione dei santi, ma in un mondo globale i santi non servono più, e così ci siamo inventati nuove ricorrenze, come la Giornata del WC (19 novembre: siete ancora in tempo per i preparativi) o la Giornata mondiale dell’orticaria (1 ottobre).
A causa di un ripensamento dell’ultim’ora da parte dell’Agcom, invece, il 12 novembre ha perso l’occasione — almeno in Italia — di essere ricordato come la Giornata contro la manualità giovanile (e non solo).
Infatti, mercoledì, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha chiarito che i siti porno privi di sede giuridica in Italia, cioè la grande maggioranza, nonostante l’entrata in vigore della legge, hanno altri tre mesi di tempo per adeguarsi all’obbligo di verificare la maggiore età degli utenti.
Io non sono un frequentatore di siti porno, per cui la cosa mi lascerebbe del tutto indifferente, se non fosse che ancora una volta si comprime la libertà del cittadino con soluzioni che — per l’amor di Dio — possono anche essere giustissime (tutela dei minori, lotta alle perversioni socialmente dannose e così via), ma che poi risultano inefficaci nella sostanza.
Mi spiego meglio: la Comunità europea ha emanato una serie di provvedimenti che devono essere recepiti dai vari Stati membri per garantire una più puntuale verifica dell’età di chi accede alle piattaforme pornografiche online.
Giustissimo, anche se tutto questo zelo non è riservato, ad esempio, a chi pubblicizza o commercia beni riservati ai maggiori di 18 anni, dove per accedere basta semplicemente cliccare su «Sì, ho più di 18 anni». Ma così vanno le cose, e da qualche parte bisognerà pur cominciare.
Il problema, naturalmente, è la verifica sicura dell’età senza mettere a rischio la sacrosanta privacy dell’utente. All’inizio si era pensato allo SPID, ma forse qualcuno di buon senso ha fatto notare all’Agid che la maggior parte delle persone lo SPID se lo fa fare e gestire dal commercialista: avremmo avuto, insomma, gente insoddisfatta e commercialisti un po’ più stanchi ma rilassati, senza però una reale soluzione del problema.
Quindi, visto che non c’è limite alla fantasia dei burocrati, si è deciso quanto segue:
“Il sistema di verifica dell’età deve soddisfare il criterio del doppio anonimato previsto dalla delibera n. 96/25/CONS, in base al quale la verifica dell’età è effettuata da un soggetto certificatore terzo rispetto alla piattaforma a cui si accede, la quale, a sua volta, acquisisce dal cittadino solo la prova della maggiore età ricevuta dal predetto soggetto.
Non dovrà, pertanto, essere trasferito alla piattaforma alcun dato personale (come carta d’identità, foto o altro) del cittadino, ma solo la prova della maggiore età (un codice anonimo).
Parimenti, il soggetto terzo certificatore non dovrà essere a conoscenza dell’uso che il cittadino intende fare della richiesta prova dell’età.”
Ora, visto che la prova dell’età (96/25/CONS) è prevista solo per “i siti web e le piattaforme di condivisione di video che diffondono in Italia immagini e video a carattere pornografico, stabiliti in Italia o in un altro Stato membro”, è ovvio che il soggetto terzo saprà benissimo il motivo per cui quella persona richiede il servizio.
E in un mondo come il nostro, dove il Garante della privacy si preoccupa delle pagliuzze ma non delle travi — come dimostrano i dati personali che dalla magistratura passano allegramente alla stampa in barba all’art. 2-ter del Codice privacy e all’articolo 8 della CEDU, senza che l’Authority muova un dito — solo uno sciocco potrebbe aderire a tutto questo.
Non è difficile quindi pensare ad un fiorire di nuove VPN, di siti illegali e così via, con riduzione della sicurezza. Speriamo che mi sbagli, ma le premesse ci sono tutte.
E poi, noi della disgraziata classe ’54, quanti giornalini zozzi abbiamo compulsato da minorenni ben prima che arrivassero i cinematografi a luci rosse (ero già laureato o poco meno), senza per questo diventare dei maniaci? E, se ti sentivi in colpa (si fa per dire) e andavi a confessarti, erano in genere non più di tre Ave Marie e tre Pater Noster, cumulativi.
E quando non c’erano i giornalini e neanche i romanzi “popolari”? Nel Medioevo, per esempio? O forse non usava?
Usava, usava.
I penitenziali, veri e propri manuali del peccato, inventati attorno al VI secolo dai severi monaci irlandesi e poi diffusi in tutta la cristianità, davano poco peso alla cosa.
Certo, se eri un maschietto e ti masturbavi, erano due settimane di pane e acqua; ma se con tua moglie non rispettavi il divieto di mittere semen in ore, ti beccavi sette anni sette di penitenza. E se due sposini facevano all’amore more canino, gli toccava digiunare almeno un anno. Tanto per dire.
Se invece era una femmina a masturbarsi, la pena era solo lievemente maggiore, e rimaneva più o meno la stessa anche se lo facevi assieme a un’amica.
Ma se eri più fantasioso, come recita il Penitenziale di Teodoro, ti beccavi una settimana in più, maschio o femmina che fossi:
“Se un uomo pratica la masturbazione utilizzando vagine fittizie, legni forati, rotoli di carta o altri metodi: venti giorni a pane e acqua.
Parimenti, la stessa pena per una donna che utilizza apparecchi di qualsiasi forma e materiale per masturbarsi.”
E pensare che non avevano Internet…
Buona autoastinenza a tutti!
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