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Erode e il Bambino
Buon Natale a tutti!

“E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”» (Mt. 2:6).
L’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto osservò, un giorno, che era meglio essere il maiale di Erode piuttosto che uno dei suoi figli. Se non altro perché il re di Giudea, nonostante che fosse edomita da parte di padre e nabateo da parte di madre, alla fine si era giudaizzato e quindi non mangiava maiale. Quindi, presso la sua corte, gli unici che non rischiavano la pelle erano appunto i maiali.
Erode era un uomo sanguinario e sospettoso: a parte la strage degli innocenti - che è un episodio narrato da Matteo ma non da Giuseppe Flavio, per cui c’è qualche perplessità sulla sua veridicità storica - fece ammazzare via via il cognato, un po’ di mogli e, per l'appunto, i figli per non rischiare di perdere il potere. Però, quando i sapienti di corte dopo la visita a sorpresa dei Magi d’Oriente, gli confermarono la possibile nascita a Betlemme del “re dei giudei”, non fece una piega. Almeno sul momento, si intende. Anche perché le scritture parlavano da tempo di un capo che avrebbe fatto vacillare Israele dalle fondamenta e che poi si sarebbe rivelato un nuovo Davide portatore di giustizia. Lo dicevano Ezechiele e Geremia, due profeti di indiscussa autorità. Però, che cavolo, non c’era assolutamente spazio per due re in Giudea, quindi che fare? Certamente la cosa richiedeva una decisione drastica, per cui che quella dei bambini giudei sia stata una vera strage o no, Erode fece versare un po’ di sangue. Era nel suo stile. Erode all’epoca aveva passato i sessant’anni ed era al potere da quando ne aveva venticinque, ma non aveva assolutamente alcuna intenzione di cedere. Morirà qualche anno dopo tra atroci sofferenze, probabilmente di una fascite necrotizzante che gli distrusse le cosce e lo scroto. E la Sacra Famiglia poté tornare dall’Egitto.

C’è una enorme differenza tra l’immagine del re di Giudea e quella di un neonato venuto alla luce in un luogo povero e disadorno, tra il dolore e la felicità materna e lo sguardo protettivo di suo padre. Un bambino appena nato che esplora il nuovo mondo gridando, usando quell’aria che per lui è una novità, iniziando a sperimentare la propria umanità. Che poi è una parte della sua complessa natura, anche se in quel momento è solo un bambino che sta esplorando il mondo.
Da una parte il re di Giudea e l’Impero: Erode e Augusto. Dall’altra un uomo e una donna con il loro bambino. Sarà il bambino a vincere la Storia: quel bambino che è ancora presente nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, volenti o nolenti, da duemila anni. Augusto è storia e archeologia, Erode è ormai solo una metafora: rimane quella nascita legata ad una speranza di salvezza nonostante le apocalissi personali o collettive dell’uomo.
Auguri di cuore a tutti.
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