Cose favolose degli anni Sessanta

Una bella mostra a Gorizia

Fa molto caldo e Sirio fiacca gambe e teste, come diceva il poeta greco Alceo. Però, per evitare che la fiacchezza della testa prenda il sopravvento, possiamo andare in un museo, dove, se non altro per motivi di conservazione, è garantita la climatizzazione. E se siete a, o passate da Gorizia, potreste andare a visitare una splendida mostra in Palazzo Attems Petzenstein, dedicata agli anni ’60:”ITALIA SESSANTA. Arte, Moda e Design. Dal Boom al Pop”, che resterà aperta fino al 27 ottobre. Sarete accolti da una Ferrari rossa fiammante, che è solo il preludio di un’esposizione molto intelligente, ben curata e francamente, anche per chi come me non si interessa particolarmente di design, molto interessante.

Negli anni '60 ero poco più che bambino o, verso la fine, adolescente: ma gran parte di quel decennio l'ho comunque vissuto. Non come quelli che al tempo avevano vent’anni: io sono della classe 1954 e la mia generazione ha vissuto in pieno gli anni di piombo ed è stata sicuramente meno fortunata. Comunque sia, il boom economico, il mito del "pollo su ogni tavola", la Fiat 600 di seconda mano, i tavolini di formica, il juke-box, il mangiadischi e la chitarra elettrica fanno parte del mio vissuto: un vissuto di provincia profonda, ma pur sempre interessante. E poi i nostri fratelli maggiori, per chi li aveva, si divertivano molto e avevano tutta la nostra invidia, con i loro primi dischi dei Beatles e dei Rolling Stones che esibivano come reliquie. Noi, alla loro età, anni dopo, ci divertivamo molto meno, tra rigurgiti puritani veicolati dell'AIDS e la paura di saltare per aria andando a prendere il treno, come a Bologna, o di trovarsi in mezzo a una sparatoria. Io stesso ne scampai una per pura fortuna, perché quella mattina persi quell'autobus dove purtroppo trovò la morte un maresciallo dei Carabinieri per mano delle Brigate Rosse.

Negli anni '60 si decisero molte cose del nostro futuro attuale, dalla costruzione del muro di Berlino alla Rivoluzione Culturale cinese che fu il primo esempio di cancel culture, E poi l’assassinio di J. F. Kennedy e di Martin Luther King. Israele che lotta vittoriosamente contro il suo annientamento, Yuri Gagarin nello spazio, Cassius Clay, Nino Benvenuti e Alessandro Mazzinghi sul ring, il nuovo vento francese nel ’68, Woodstock e poi lo sbarco USA sulla Luna. Poi i carri armati di Leonid Beznev entrarono a Praga e a Piazza Fontana una bomba di matrice neofascista ma legata a torbide manovre di forze dello Stato spezzò definitivamente il sogno di quel decennio e la “fantasia al potere” venne rapidamente sostituita dall’altro slogan “il potere nasce dalla canna del fucile”: erano iniziati ufficialmente gli anni di piombo.

In verità, pieni di ormoni com'eravamo noialtri allora, ci turbavano molto più le minigonne di Patty Pravo in TV o delle nostre coetanee, magari un po' più castigate ma orgogliosamente esibite per lo "struscio" del corso delle 18 alle 20. Con buona pace di Lietta Tornabuoni, che lanciava lampi e fulmini dalle pagine de «L’Europeo», scrittrice che nessuno di noi conosceva, neanche di nome. Periodo di assemblee studentesche e cineforum sull’Algeria e sui colonnelli greci, di film “vietati” che hanno fatto la storia e di grandi speranze per il futuro.

In provincia però gli echi pariolini del Piper arrivavano mediati dai rotocalchi e Milano era lassù al Nord, dove ancora ci si andava con la valigia di cartone legata con lo spago. Ma c’era la televisione. Mi ricordo che a casa nostra la televisione arrivò nel '58: una grande scatola magica di bakelite manovrata da mio padre. Ma negli anni '60 arrivò anche Carosello, e fu tutta un'altra cosa. E poi Diabolik delle Giussani ma anche Kriminal e Satanik di Max Bunker e poi ancora Linus, che però leggerò solo negli anni ’70, all’Università. E Valentina di Crepax.  E le catinelle di Moplen e lei, la Miura Lamborghini, un mito assoluto. Forse più della Ferrari.

La mostra mi ha rievocato e sistematizzato quei ricordi, inserendoli però in un contesto storico straordinariamente ben sintetizzato e illustrato nelle varie sale tematiche di cui è composta. Una mostra veramente bella, curatissima e godibilissima anche per color che negli anni '60 non c'erano proprio. Corredata da un catalogo dove il racconto per immagini è snello come un manichino di quell'epoca.

Una mostra che si deve centellinare come un buon vino perché in ogni sala vengono proposte tematiche che possono suggerire riflessioni importanti sulle radici del presente. Come, ad esempio, il rapporto stretto fra arte e moda, l'emergere del "giovane" come soggetto al tempo politico e commerciale, oppure i nuovi corpi, anch'essi giovani, da modellare come oggetti di design. Specialmente il corpo della donna. Un corpo vero “manufatto culturale” che per la prima volta si modificava per un’esigenza massificatrice e borghese di tipo commerciale ma che al contempo diventava anche politica.

Ma di queste riflessioni parleremo un' altra volta. Godetevi intanto questa bella mostra, e buon Ferragosto!

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