La "simia hominis"

Alcune considerazioni sull’Intelligenza Artificiale

Guardiamoci attorno: ormai viviamo in un mondo dove gli apparecchi smart hanno un ruolo sempre più importante per renderci comoda la vita. Smartwatch che controllano le nostre funzioni vitali, aggeggi che ci aiutano tramite il linguaggio parlato a scegliere il programma televisivo più adatto alla nostra serata, frigoriferi che segnalano cosa manca per preparare la cena, sensori per monitorare consumi ed emissioni, macchine per la diagnosi automatica o assistita in medicina ed altre cose molto utili, fino a uno strumento che è anche un telefono ma è anche un elaboratore digitale potentissimo ma anche una macchina fotografica e un registratore di suoni, tutto insieme, integrato, correlato a noi e connesso alla infosfera. Insomma una macchina di cui siete più o meno consapevoli del funzionamento ma che portate sempre con voi ed è un vostro alter ego che sa dove siete fisicamente in quell’istante della vostra vita e magari si offre di accompagnarvi a fare la spesa (collegandosi col solito frigorifero), che però permette a tutto il mondo di rompervi le scatole a qualunque ora del giorno e della notte ed ha la facoltà di registrare nell’infosfera se in quel momento state cucinando una vellutata di zucca o state tradendo vostro marito (o vostra moglie ecc.) con il vostro personal trainer o se state facendo tutte e due le cose assieme.

Se poi connettete tutti questi strumenti tra loro e usate dei sistemi automatici perché questi strumenti si scambino, integrino, rielaborino si ridistribuiscano le informazioni che raccolgono per ottenere delle risposte probabili, avrete un sistema ancora più utile, che chiameremo per comodità “Intelligenza Artificiale” ma che intelligente, nel senso umano, ovvero dotata di pensiero e di capacità di astrazione è, probabilmente, pari a zero. Mi spiego meglio: il vostro sensore di pressione funziona, ovvero misura, ma ha una intelligenza pari alla capacità astrattiva di una pigna, ovvero zero. E così il vostro smartphone. Se ogni macchina smart di cui stiamo parlando ha la capacità astrattiva pari a zero, non è che integrando uno zilione di zucchine otterremo la capacità astrattiva di Einstein, dato che, matematicamente parlando, uno zilione per zero farà zero. Qualcuno obietterà che anche nel nostro corpo ci sono miliardi di sensori e che il nostro sistema nervoso elabora tutti i dati, ovvero gli stimoli, per relazionarci al mondo circostante. Si potrebbe rispondere che è un problema di dimensioni e di ottimizzazione dell’energia, ovvero che noi la miniaturizzazione l’abbiamo ottenuta per prove d’errore durante un lungo percorso evolutivo e così via. Ma non sarebbe la risposta esatta, ovvero sarebbe molto parziale, perché ad un certo punto del nostro percorso è arrivata la parola, che ha sconvolto completamente l’essere Uomo. E da lì tutto il resto. Certo, alcune proprietà astrattive erano presenti anche in altre specie affini di Sapiens, ma la parola le ha aumentate e trasformate in maniera tale che noi, alla fine, abbiamo fermato la nostra evoluzione. Tanto è vero che se vado ad analizzare, come talora mi tocca fare, un cranio di un uomo di diecimila o dodicimila anni fa, l’archeologo mi deve dire, analisi alla mano, a che periodo storico risale, altrimenti non ho modo di capire, attraverso eventuali modificazioni anatomiche, l’epoca in cui questa persona è vissuta. Perché queste modificazioni evolutive non ci sono, a parte quelle dovute a familiarità, compreso il vivere in un’area geografica invece che in un’altra. L’evoluzione, se c’è stata, c’è stata attraverso la parola e la memoria ad essa correlata. Una memoria di parole, potente come quella dell’aedo che cantò per la prima volta l’Iliade o il mito di Gilgamesh. O il Kalevala.

L’uomo, se visto da un punto di vista puramente materialistico, è quindi l’unica macchina capace di intelligere. Con tutto il buono ed il cattivo che ciò comporta. Ma per chi riesce anche a pensare fuori dallo schema materialistico (e deterministico), c’è ancora di più: c’è l’umanità e il divino. Bazzecole, falsità forse, se state pensando di tutto questo mentre ve ne state chiusi nel vostro laboratorio. Però, a ben guardare, chi spera che la tecnologia dia tutte le risposte, che il Vero potrà essere dimostrato logicamente o matematicamente attraverso l’uso di macchine intelligenti, fa, a mio modestissimo parere, professione di fede e non di razionalità. Una fede, tra l’altro, senza alcun fine escatologico. Inoltre, così facendo, rischiamo di accettare una visione materialista e disperata di un Sapiens corruttore e devastatore della Natura che ha perso qualunque illusione di centralità e quindi "viaggiatore" senza meta con l'unico scopo di salvare il suo habitat che ha ormai quasi irreversibilmente corrotto. Specialmente se quest'uomo vagante proviene dal mondo occidentale, quello del pensiero greco-romano e giudaico-cristiano, quello a cui ormai si attribuiscono tutti i mali del mondo. Il fenomeno è già iniziato e leggiamo ogni giorno articoli e libri di molti Geremia che non hanno alcun dubbio che l'intelligenza artificiale diventerà una superintelligenza identica a quella umana e che assieme e al pari dell'inquinamento, della deforestazione, del cambio climatico di origine antropica e così via, farà esplodere questa nostra Terra come un palloncino. In un futuro più o meno prossimo.

Codice Harley 3469, British Library, Germania 1582

Per inciso, anche l'Apocalisse e l'instaurazione della Gerusalemme Celeste avverranno in un futuro più o meno prossimo, secondo alcuni: ma a fare previsioni così si rischia poco di essere smentiti. Questo non prescinde però il fatto che dobbiamo comunque domandarci quanto in quelle previsioni ci sia di realmente sostenibile e soprattutto se non sia indispensabile ridiscutere tutto in una dimensione profondamente etica e morale. Ridiscutere, ovvero usare il linguaggio, il nostro linguaggio, che non è quello della macchina. Le risposte di ChatGPT sono un’imitazione del linguaggio dell’Uomo, l’equivalente del mostro di Frankenstein. Un pezzo qua un pezzo là e poi … la vita. Oppure sono, più probabilmente, uno scimmiottamento del linguaggio umano: e qui nasce la domanda. Se noi abbiamo definito il Diavolo, ovvero il Male, secondo una tradizione che va da Tertulliano fino a oggi, passando per Lutero, come l’essere che vuole diventare Dio scimmiottandolo (la simia Dei), come potremmo allora definire l’Intelligenza Artificiale, che in fondo è la simia hominis?

Ma ne riparleremo, con calma.

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